“E quindi uscimmo a riveder le stelle” (Inferno XXXIV)
È l’ultimo verso dell’Inferno della Commedia di Dante Alighieri e ormai lo sanno anche quelli che, a scuola, la Divina Commedia non l’hanno mai studiata. Mi piace accostare questa citazione al quadro di un grande maestro dell’arte sacra contemporanea, conosciuto con il nome di Arcabas, che con quest’opera conclude il suo “Ciclo di Emmaus” (1993-1994) un’opera meravigliosa che, con grande onore della terra di Bergamo, si trova proprio vicino a noi, a Torre de’ Roveri.
Credo che guardare con occhi bene aperti questa porta lasciata spalancata sia oggi più che mai necessario per noi, che ci sentiamo ancora immersi in questo tempo di attesa, paura e preoccupazione, per accorgerci che dentro ci è rimasta la presenza quella piccola fiammella di speranza che abbiamo cercato con tutte le forze di tenere accesa, una fiammella che è una parte di quel fuoco acceso da Gesù nel cuore dei due pellegrini di Emmaus.
La scena dipinta da Arcabas è vuota, senza personaggi, ma è ugualmente potente ed evocativa: i discepoli di Emmaus, che hanno incontrato Gesù, mentre sconsolati scappavano da Gerusalemme col volto triste, si sono appena resi conto che quello sconosciuto che aveva voluto fare la strada insieme a loro, condividendo e ascoltando la loro angoscia e la loro disperazione, in realtà ha passato tutto il tempo a riscaldare il loro cuore con la fiamma della sua Parola… solo alla sera, a cena, in quel gesto semplice ma sacrale dello spezzare il pane, proprio in quel gesto i loro occhi finalmente riconoscono Gesù. Avere aperto gli occhi è il segno di una rivelazione compiuta: non è più possibile rimane fermi, chiusi in casa, occorre uscire da quella porta che, lasciata spalancata, permette di vedere un cielo dove la notte non è sparita, c’è ancora buio, ma è una meravigliosa notte illuminata dalle stelle.
Noi che abbiamo scelto il tema delle stelle per quest’anno scolastico, mai avremmo pensato che nel nostro tempo si potesse davvero sperimentare un tale desiderio radicato e profondo di uscire dalle nostre case, vedere le stelle, desiderare la vita… forse il tempo della paura è servito ad accendere anche in noi un desiderio rimasto sopito, ad alimentare una passione che vivacchiava soffocata dall’abitudine e dalla noia.
L’autentica sofferenza, il dolore tremendo ha colpito tanti tra noi, famiglie intere, tutti ci siamo sentiti spezzati a metà come quel pane che si divide sulla mensa, ma questo ha permesso a tanti di noi di riaprire gli occhi su ciò che conta davvero, su quelli che sono i nostri desideri più profondi, i sogni per i quali anche noi vogliamo uscire da quella porta e sfidare il buio della notte!
Vogliamo anche noi uscire, ma non angosciati, non dubbiosi, non per scappare, ma per affrontare la vita con coraggio, il coraggio della fede e della speranza! Se dopo quello che abbiamo attraversato e vissuto riusciamo oggi a sentire questo desiderio profondo e coraggioso, dobbiamo essere consapevoli che questo è un dono di Grazia, riconoscere che sulla croce, nella morte e risurrezione di Gesù si è rivelato l’amore di Dio, ci permetterà di guardare anche con occhi diversi, con gli occhi della carità, coloro che invece questo dono non l’hanno ricevuto, e rimangono chiusi in se stessi, prigionieri della propria paura…
In questa splendida notte stellata della Pasqua, dove Gesù “è la stella del mattino, l’astro che non conosce tramonto” rimaniamo “cercatori di stelle” e distribuiamole anche a chi non ha nemmeno la forza di mettersi a cercarle, e continuano a brancolare in un mondo senza stelle, senza desideri, senza vita vera.. Coraggio! Buona Risurrezione.
Isabella Prometti