L’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze pasquali, il 13 Aprile 2022, noi ragazzi di 1^C con i compagni delle altre classi prime, abbiamo vissuto un’esperienza indimenticabile.
Prima dell’intervallo, la professoressa Biffi ci ha portato in un’aula nella quale c’erano Suor Adrienne e Suor Beatrice (originarie del Congo) che, insieme a Suor Delia, stavano collegando il computer al videoproiettore, per mostrarci una presentazione che parlava delle tradizioni e di tutte le caratteristiche di uno Stato: la Repubblica Democratica del Congo. In questo Paese, la nostra Scuola è presente attraverso le missioni operate dalle nostre Suore, che aiutano soprattutto i bambini e i ragazzi con donazioni e aiuti umanitari, per costruire edifici (destinati a diventare scuole o orfanotrofi), ma anche per portare soccorso con mezzi, come gli scuolabus, che trasportino i bambini che non possono raggiungere la scuola a piedi.
Suor Beatrice ha iniziato a parlare di questo Stato spiegandoci il significato del simbolo e dei colori della bandiera: rosso, giallo, blu e una stella gialla posta in alto a sinistra. Il colore rosso indica il sangue delle persone che si sono sacrificate per questo paese, il giallo le molte risorse minerarie che possiede, il blu indica la pace e la stella simboleggia invece la speranza che un giorno il Congo possa rinascere come Stato nel quale i politici aiutino le persone e non le abbandonino.
Suor Beatrice, poi, ci ha detto quante persone vivono attualmente nella Repubblica Democratica de Congo (più o meno 90 milioni) e ci ha parlato di alcuni degli Stati confinanti, come il Burundi, l’Uganda, il Ruanda e il Congo e del fatto che alcuni di essi gli dichiarano spesso guerra, perché vogliono conquistare le molte ricchezze minerarie che possiede. Ora tutti voi penserete che per questo sia uno Stato benestante…e invece no, perché tutte queste risorse vengono sottratte e spesso vendute (dai politici, non dai cittadini!) agli altri Stati. Quindi purtroppo questo Paese è molto povero e vive condizioni di vita spesso molto difficili!
Un esempio di questa estrema povertà ce l’ha mostrato Suor Beatrice, quando ci ha spiegato che le donne incinte devono pagare per partorire e per ricevere cure in ospedale, quindi se non lo fanno subito, dovranno rimanere lì, come prigioniere, finché non avranno terminato il pagamento; questo ci ha lasciati davvero perplessi, commossi, tristi ed anche arrabbiati! Per fortuna, le Suore della nostra Scuola aiutano anche le neo mamme ad uscire dall’ospedale, dopo aver dato alla luce il loro bambino. Un altro esempio che ci ha stupiti riguarda il pagamento della luce e della corrente nelle case: se entrambe le cose mancano, per scarsa manutenzione o altri motivi, i proprietari delle abitazioni devono comunque pagare la bolletta, anche se la luce e la corrente non ci sono! I politici, come avete potuto notare, non intervengono mai per aiutare il loro popolo e sembrano pensare solamente a loro stessi.
Quando poi ci è stato raccontato che i bambini, per pagarsi la scuola, vanno a lavorare nelle miniere, noi tutti abbiamo capito quanto siamo fortunati a ricevere un’istruzione e ad aver potuto vivere un’infanzia felice e spensierata.
Nonostante il Congo sia un paese povero, gli abitanti hanno una grande forza d’animo e sono sempre speranzosi e allegri, infatti possiedono molte tradizioni e canti. Uno di quest’ultimi è “Moyo na mono kembila nzambe”, una preghiera cantata in una delle loro quattro lingue ufficiali. Dopo la presentazione di Suor Beatrice, Suor Adrienne ci ha invitati a cantare e ballare questa preghiera con lei, aiutati anche dagli strumenti musicali tipici, come il bongo. Questo momento è stato particolarmente emozionante perché, anche se fisicamente ci trovavamo in Italia, la sensazione era quella di essere immersi nel mondo congolese.
Un’altra tradizione popolare è quella che vuole che, durante le occasioni speciali, le donne, le ragazze e le bambine indossino abiti o completi cuciti ognuno secondo il proprio stile, con varie fantasie e colori sgargianti. Il nome di questo vestito è “Maputa” e in francese (la lingua che viene insegnata nelle scuole del Congo) si chiama “Le pagne”. Le Maputa possono anche essere indossate dagli uomini, ma sono più indicate per le donne.
Per concludere questa giornata anche noi abbiamo indossato questi abiti tradizionali e abbiamo provato a portare un secchio di acqua sulla testa, come fanno le donne congolesi per portare l’acqua nelle loro case; pensate che il tragitto dal pozzo alla casa può essere anche più di 1 km!
Questa esperienza, bellissima, ma allo stesso tempo triste se si pensava a tutte le complicazioni che ci sono in Congo, ha arricchito la nostra cultura e noi abbiamo scoperto una parte del mondo che proprio non conoscevamo!
Alessandra Spreafico 1^C